venerdì 14 ottobre 2011

Corte di Giustizia UE: Va risarcito anche il danno morale al passeggero di volo cancellato


Danno morale e materiale al passeggero che resta a terra per il volo cancellato, un indennizzo che spetta anche a chi, pur imbarcato, è costretto a tornare alla base per un problema dell’aereo.
L’ampliamento della tutela -  La Corte di giustizia con la sentenza C-83/10 amplia la tutela nei confronti dei viaggiatori e fornisce un’interpretazione estensiva del concetto di “cancellazione”, considerando annullati anche i voli che partono ma non raggiungono la destinazione originaria. Ma non solo, per i giudici di Lussemburgo, il diritto al risarcimento del danno morale e materiale scatta anche nel caso il viaggiatore sia “dirottato” su un altro volo in un tempo diverso rispetto a quello inizialmente programmato.
Le norme comuni - Per quantificare quando e quanto il pregiudizio vada risarcito il punto di riferimento è il Regolamento 261 del 2004 che stabilisce le misure comuni a tutti gli Stati europei che le compagnie sono tenute a rispettare in caso di negato imbarco, cancellazione o ritardo prolungato. Nello stesso Regolamento è  affermato anche  il diritto del passeggero “in panne” a un risarcimento supplementare detraibile da quello fissato dalla norma. A quantificare la somma è la Convenzione di Montreal che limita a circa 4.750 euro la responsabilità del vettore.
Il ruolo del giudice nazionale - Una possibilità di risarcimento che  Corte di giustizia allarga anche al danno morale, lasciando al giudice nazionale il compito di valutare, nel rispetto della Convenzione, la possibilità di concedere il risarcimento supplementare in caso di inadempimento del vettore.
Ulteriore onere per le compagnie che vengono meno al loro dovere di sostenere il passeggero del passeggero lasciato a terra o trasferito su un altro volo - dall’obbligo di rimborso del biglietto alle spese di alloggio e di trasferimento – è quello di risarcire per la “svista” i passeggeri. Indennizzo previsto dal Regolamento e che non può dunque essere considerato “supplementare”.
(Da Guida al Diritto, Sole 24 Ore). 

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