Dal sito dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.):
Le  persone disabili rappresentano il dieci percento della popolazione  mondiale. Spesso esclusi e marginalizzati, i disabili sono  particolarmente vulnerabili in tempo di crisi. A questo proposito,  l’attuale crisi economica mondiale è ancora più preoccupante. […] L’OIL  ha intervistato Barbara Murray, specialista principale delle questioni  della disabilità in seno all’OIL, sull’importanza della considerazione  delle persone disabili nelle misure di risposta alla crisi.
Qual è stato l’impatto della crisi sulle persone disabili?
Barbara Murray:  Esistono pochi dati mondiali affidabili sulle persone disabili in tempo  di crisi, pertanto dobbiamo attenerci ai reportage fatti da alcune  prime pagine di giornali. Esse mostrano che il numero di lavoratori  disabili impiegati si riduce, che le risorse pubbliche per i programmi  sulla loro impiegabilità ed il loro lavoro hanno delle restrizioni, e  che la domanda di prodotti che escono da imprese che impiegano  lavoratori disabili può diminuire. Tutto ciò interviene su mercati del  lavoro nei quali gli uomini e le donne disabili sono già in posizione di  inferiorità, con delle percentuali di disoccupazione più elevati e dei  livelli di attività più deboli che le persone non disabili. La crisi  economica attuale mette in luce gli ostacoli con i quali si confrontano i  disabili e pone al centro delle preoccupazioni la necessità di uno  sviluppo durevole e che non esclude nessuno.
Ci può fornire qualche esempio concreto?
BM:  E’ stato riportato che in Giappone le imprese hanno soppresso circa  2.800 posti di lavoro di disabili l’anno scorso, il numero maggiore da  sei anni. In Australia, l’abbassamento del PIL ha comportato delle  riduzioni sensibili nelle spese federali devolute ai programmi che  preparano le persone disabili al lavoro. Un recente studio americano sul  segmento della disabilità nella sicurezza sociale, dimostra che il  numero di disabili che depositano delle domande ha raggiunto una soglia  superiore ai 2,3 milioni nel 2008, dato che riflette in maniera  essenziale la diminuzione dei loro stipendi. Questi sono gli esempi che  abbiamo potuto verificare – ne esistono molto probabilmente numerosi  altri.
Esiste dunque un legame stretto tra disabilità e povertà?
BM:  La disabilità è al tempo stesso una causa ed una conseguenza della  povertà. I legami tra povertà e disabilità sono largamente riconosciuti.  Le Nazioni Unite stimano che l’80 percento delle persone disabili dei  paesi in via di sviluppo vivono nella povertà. Circa il 20% dei poveri  nel mondo ha un handicap, secondo la Banca Mondiale. In più, nei paesi  in via di sviluppo, molte persone disabili vivono in zone rurali dove  l’accesso alla formazione, alle offerte ed ai servizi per l’impiego è  limitato. Le persone disabili hanno meno possibilità di conseguire un  impiego che non le persone sane. Rischiano così di guadagnare proventi  inferiori a quelli delle persone senza handicap.
Quali sono le principali tematiche da affrontare per favorire l'inserimento delle persone disabili?
Barbara Murray:  Sono quelle sottostanti la povertà, di bassi tassi di di partecipazione  alla vita attiva e di lavoro, oltre che delle disparità salariali  evidenti nel mondo intero. L'accesso all'educazione e la formazione a  qualifiche ricercate sul mercato del lavoro sono le prime tematiche da  affrontare. Per l'UNESCO, nei paesi in via di sviluppo, più del 90 per  cento dei bambini portatori di handicap non sono scolarizzati, ciò che  li svantaggia quando si tratta di di integrare dei programmi di  formazione qualificante, di essere in competizione sul mercato del  lavoro per ottenere un impiego, o di aprire una piccola impresa vitale.  In oltre, ambienti fisici e tecnologie di comunicazione inaccessibili  impediscono alle persone disabili di lavorare in rapporto di eguaglianza  con gli altri. E del tutto naturalmente, le false credenze in ordine  alle attitudini ed alle capacità di lavoro dei disabili, oltre agli  aspetti negativi che le accompagnano, portano spesso alla  discriminazione in materia di assunzione e promozione, ed alla  difficoltà di conservare il proprio lavoro da parte di un lavoratore  diventato disabile.
Al di là dei bambini, qual è l'impatto della crisi sulle donne disabili?
B.M.:  Tra i disabili, gli uomini hanno quasi il doppio di possibilità di  trovare un lavoro, rispetto alle donne. Per esempio, nei paesi  dell'Unione europea, il 49 percento delle donne disabili e il 61  percento degli uomini disabili lavorano, rispetto al 64 percento delle  donne non disabili. Nella Repubblica della Corea il 20,2 percento delle  donne disabili ed il 43,5 percento degli uomini disabili hanno un  lavoro, contro il 49,2 percento delle donne ed il 71,1 percento degli  uomini validi.
Qual è il ruolo dell'O.I.L. per ciò che riguarda la crisi e la disabilità lavorativa?
B.M.:  Il Patto mondiale del Lavoro dell'O.I.L., adottato consensualmente tra i  lavoratori, i datori di lavoro e i governi nella Conferenza  internazionale del Lavoro nel giugno 2009, costituisce una buona rotta  per la ripresa – a livello locale, nazionale e mondiale – con una  rinnovata ricerca di una mondializzazione giusta e durevole. Il Patto si  fonda sull'Agenda dell'O.I.L. per il lavoro decoroso che associa  lavoro, diritti sul lavoro, protezione e dialogo sociale. Contribuerà  anche a colmare il fossato delle ineguaglianze tra uomini e donne  disabili e validi in periodi di rallentamento dell'economia, oltre a  partecipare alla coesione sociale ed alla stabilità.
Quali sono le misure prese dall'O.I.L. per colmare questo scarto tra le persone valide e quelle disabili?
B.M.:  La maniera più semplice per rispondere a questa domanda è di dire che  adottiamo un duplice approccio. Il primo implica dei programmi e delle  iniziative specifiche in favore della disabilità a livello di singolo  paese, finalizzato a superare inconvenienti o ostacoli particolari che  subiscono certe persone disabili. Il secondo approccio si sforza di  garantire che le persone disabili siano integrate nei servizi e nei  programmi convenzionali in materia di formaizone profesisonale, di  impiego, di sviluppo dell'impresa e della microfinanza.
Sino a  che la piena integrazione e l'uguaglianza di possibilità e di  trattamento non diverrà una realtà per tutti i disabili a prescindere  dalla loro tipologia, il doppio approccio è indispensabile. In entrambi  questi approcci, noi agiamo grazie alla ricerca, all'accumulo di  conoscenze sulle buone prassi, alle azioni di rivendica, al rinforzo  delle capacità e dei servizi di cooperazione tecnica. Il nostro lavoro  consiste anche a comunicare con i media, più specificamente a  condividere i risultati delle nostre esperienze acquisite grazie alla  ricerca ed alle lezioni apprese sul campo. Abbiamo ancora molto cammino  da fare ma siamo convinti che lavorando con i governi, con le parti  sociali, con le agenzie della società civile e con le organizzazioni di  persone disabili nel mondo, insieme, possiamo fare la differenza.
(Trad. Avv. Antonio M. Polito)
(pubblicato originariamente in data 11-16.11.2009) 
 
 
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