venerdì 1 ottobre 2010

Il costo economico della mancata tutela della disabilità

Dal sito dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.):
Le persone disabili rappresentano il dieci percento della popolazione mondiale. Spesso esclusi e marginalizzati, i disabili sono particolarmente vulnerabili in tempo di crisi. A questo proposito, l’attuale crisi economica mondiale è ancora più preoccupante. […] L’OIL ha intervistato Barbara Murray, specialista principale delle questioni della disabilità in seno all’OIL, sull’importanza della considerazione delle persone disabili nelle misure di risposta alla crisi.

Qual è stato l’impatto della crisi sulle persone disabili?
Barbara Murray: Esistono pochi dati mondiali affidabili sulle persone disabili in tempo di crisi, pertanto dobbiamo attenerci ai reportage fatti da alcune prime pagine di giornali. Esse mostrano che il numero di lavoratori disabili impiegati si riduce, che le risorse pubbliche per i programmi sulla loro impiegabilità ed il loro lavoro hanno delle restrizioni, e che la domanda di prodotti che escono da imprese che impiegano lavoratori disabili può diminuire. Tutto ciò interviene su mercati del lavoro nei quali gli uomini e le donne disabili sono già in posizione di inferiorità, con delle percentuali di disoccupazione più elevati e dei livelli di attività più deboli che le persone non disabili. La crisi economica attuale mette in luce gli ostacoli con i quali si confrontano i disabili e pone al centro delle preoccupazioni la necessità di uno sviluppo durevole e che non esclude nessuno.
Ci può fornire qualche esempio concreto?
BM: E’ stato riportato che in Giappone le imprese hanno soppresso circa 2.800 posti di lavoro di disabili l’anno scorso, il numero maggiore da sei anni. In Australia, l’abbassamento del PIL ha comportato delle riduzioni sensibili nelle spese federali devolute ai programmi che preparano le persone disabili al lavoro. Un recente studio americano sul segmento della disabilità nella sicurezza sociale, dimostra che il numero di disabili che depositano delle domande ha raggiunto una soglia superiore ai 2,3 milioni nel 2008, dato che riflette in maniera essenziale la diminuzione dei loro stipendi. Questi sono gli esempi che abbiamo potuto verificare – ne esistono molto probabilmente numerosi altri.
Esiste dunque un legame stretto tra disabilità e povertà?
BM: La disabilità è al tempo stesso una causa ed una conseguenza della povertà. I legami tra povertà e disabilità sono largamente riconosciuti. Le Nazioni Unite stimano che l’80 percento delle persone disabili dei paesi in via di sviluppo vivono nella povertà. Circa il 20% dei poveri nel mondo ha un handicap, secondo la Banca Mondiale. In più, nei paesi in via di sviluppo, molte persone disabili vivono in zone rurali dove l’accesso alla formazione, alle offerte ed ai servizi per l’impiego è limitato. Le persone disabili hanno meno possibilità di conseguire un impiego che non le persone sane. Rischiano così di guadagnare proventi inferiori a quelli delle persone senza handicap.


Quali sono le principali tematiche da affrontare per favorire l'inserimento delle persone disabili?
Barbara Murray: Sono quelle sottostanti la povertà, di bassi tassi di di partecipazione alla vita attiva e di lavoro, oltre che delle disparità salariali evidenti nel mondo intero. L'accesso all'educazione e la formazione a qualifiche ricercate sul mercato del lavoro sono le prime tematiche da affrontare. Per l'UNESCO, nei paesi in via di sviluppo, più del 90 per cento dei bambini portatori di handicap non sono scolarizzati, ciò che li svantaggia quando si tratta di di integrare dei programmi di formazione qualificante, di essere in competizione sul mercato del lavoro per ottenere un impiego, o di aprire una piccola impresa vitale. In oltre, ambienti fisici e tecnologie di comunicazione inaccessibili impediscono alle persone disabili di lavorare in rapporto di eguaglianza con gli altri. E del tutto naturalmente, le false credenze in ordine alle attitudini ed alle capacità di lavoro dei disabili, oltre agli aspetti negativi che le accompagnano, portano spesso alla discriminazione in materia di assunzione e promozione, ed alla difficoltà di conservare il proprio lavoro da parte di un lavoratore diventato disabile.
Al di là dei bambini, qual è l'impatto della crisi sulle donne disabili?
B.M.: Tra i disabili, gli uomini hanno quasi il doppio di possibilità di trovare un lavoro, rispetto alle donne. Per esempio, nei paesi dell'Unione europea, il 49 percento delle donne disabili e il 61 percento degli uomini disabili lavorano, rispetto al 64 percento delle donne non disabili. Nella Repubblica della Corea il 20,2 percento delle donne disabili ed il 43,5 percento degli uomini disabili hanno un lavoro, contro il 49,2 percento delle donne ed il 71,1 percento degli uomini validi.
Qual è il ruolo dell'O.I.L. per ciò che riguarda la crisi e la disabilità lavorativa?
B.M.: Il Patto mondiale del Lavoro dell'O.I.L., adottato consensualmente tra i lavoratori, i datori di lavoro e i governi nella Conferenza internazionale del Lavoro nel giugno 2009, costituisce una buona rotta per la ripresa – a livello locale, nazionale e mondiale – con una rinnovata ricerca di una mondializzazione giusta e durevole. Il Patto si fonda sull'Agenda dell'O.I.L. per il lavoro decoroso che associa lavoro, diritti sul lavoro, protezione e dialogo sociale. Contribuerà anche a colmare il fossato delle ineguaglianze tra uomini e donne disabili e validi in periodi di rallentamento dell'economia, oltre a partecipare alla coesione sociale ed alla stabilità.
Quali sono le misure prese dall'O.I.L. per colmare questo scarto tra le persone valide e quelle disabili?
B.M.: La maniera più semplice per rispondere a questa domanda è di dire che adottiamo un duplice approccio. Il primo implica dei programmi e delle iniziative specifiche in favore della disabilità a livello di singolo paese, finalizzato a superare inconvenienti o ostacoli particolari che subiscono certe persone disabili. Il secondo approccio si sforza di garantire che le persone disabili siano integrate nei servizi e nei programmi convenzionali in materia di formaizone profesisonale, di impiego, di sviluppo dell'impresa e della microfinanza.
Sino a che la piena integrazione e l'uguaglianza di possibilità e di trattamento non diverrà una realtà per tutti i disabili a prescindere dalla loro tipologia, il doppio approccio è indispensabile. In entrambi questi approcci, noi agiamo grazie alla ricerca, all'accumulo di conoscenze sulle buone prassi, alle azioni di rivendica, al rinforzo delle capacità e dei servizi di cooperazione tecnica. Il nostro lavoro consiste anche a comunicare con i media, più specificamente a condividere i risultati delle nostre esperienze acquisite grazie alla ricerca ed alle lezioni apprese sul campo. Abbiamo ancora molto cammino da fare ma siamo convinti che lavorando con i governi, con le parti sociali, con le agenzie della società civile e con le organizzazioni di persone disabili nel mondo, insieme, possiamo fare la differenza.
(Trad. Avv. Antonio M. Polito)
(pubblicato originariamente in data 11-16.11.2009)

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